Scienziati americani verso l’Europa, Trump li fa scappare
Le politiche anti-scienza introdotte all’inizio del nuovo mandato di Donald Trump negli Stati Uniti, caratterizzate da tagli ai fondi per il clima, revisioni sull’intelligenza artificiale e interferenze etiche, hanno creato una profonda crisi nel mondo della ricerca americana.
L’American Association for the Advancement of Science stima che centinaia di ricercatori stiano valutando il trasferimento all’estero.
Il programma dell’Europa per attirare gli scienziati stranieri
L’Europa ha reagito tempestivamente, trasformando questa fuga di cervelli in un’opportunità strategica. Il motore della risposta europea è la Commissione, che a maggio ha lanciato il pacchetto “Choose Europe for Science”. Con una dotazione di 500 milioni di euro per il triennio 2025-2027, l’obiettivo è duplice: attrarre ricercatori stranieri, in particolare dagli USA, semplificando visti e mobilità; e trasformare l’Europa in un’area di libertà scientifica, immune da pressioni ideologiche o commerciali.
L’iniziativa punta ad aumentare del 20% il numero di ricercatori stranieri nell’UE entro il 2027, affiancandosi al massiccio programma Horizon Europe. Alcuni Paesi si sono mossi con rapidità e concretezza. In Austria il programma Apart-USA ha già stanziato 25 borse da 500 mila euro ciascuna per quattro anni, attirando figure di spicco come Wali Malik, esperto di robotica del MIT. In Spagna il programma ATRAE è stato potenziato con un investimento di 135 milioni di euro in tre anni, offrendo 1 milione di euro per progetto più un incentivo di 200 mila euro per i candidati provenienti dagli Stati Uniti.
La Germania non ha lanciato nuovi programmi, ma sfrutta un ecosistema già solido (3,13% del PIL in R&D) e istituti di fama mondiale come Max Planck. I Paesi Nordici (Svezia, Finlandia, Danimarca) puntano sulla qualità della vita, sulla sostenibilità e su incentivi fiscali, con fondi significativi da istituzioni come la Novo Nordisk Foundation.
L’Italia è un po’ indietro
L’Italia sta procedendo a un passo più lento. Ha riaperto una call da 50 milioni di euro per l’attrazione di giovani ricercatori con curriculum internazionale e grant ERC. Nonostante gli sforzi (PNRR per il rientro dei cervelli), il Paese è ancora indietro negli investimenti: la spesa in R&S è ferma all’1,37% del PIL, ben sotto la media UE del 2,3%. Burocrazia e bassi stipendi iniziali restano ostacoli alla competitività, sebbene l’Italia vanti centri d’eccellenza e partecipi attivamente ai progetti di Horizon Europe.
La corsa ai talenti è globale (con l’Asia in crescita), ma l’Europa sta recuperando terreno: i flussi di ricercatori verso l’UE sono cresciuti del 12% nel 2025, con il 15% dei nuovi ingressi dagli Stati Uniti. L’iniziativa “Choose Europe for Science” non è solo un investimento economico, ma una dichiarazione d’identità: l’Europa si presenta come un “porto sicuro” e un faro per la libertà accademica.

